<div align=”justify”><strong>Il confine</strong><br />
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Mentre cercavo notizie sullo sciopero degli sceneggiatori cinema e tv negli Stati Uniti mi sono imbattuta ieri in questo: <a href=”http://www.adnkronos.com/IGN/Esteri/?id=1.0.1493196412&#8243; target=”_blank”>Uccide cane per arte</a>. <br />
Tal Guillermo Vargas <em>Habacuc</em>, artista del Costarica, ha legato un cane di strada, malato e denutrito, in una galleria d’arte di Managua. L’ha lasciato morire di fame per realizzare l’opera <em>Sei quello che leggi</em>, titolo scritto con croccantini per cani in alto sul muro dietro alla bestiola. Dice Vargas: <em>Lo scopo del lavoro non era causare sofferenza alla povera innocente creatura, bens&igrave; illustrare un problema. Nella mia citt&agrave; natale, San Jos&egrave;, Costa Rica, decine di migliaia di randagi muoiono di fame e malattia e nessuno dedica loro attenzioni. Ora, se pubblicamente mostri una di queste creature morte di fame, come nel caso di Nativity, ci&ograve; crea un ritorno che evidenzia una grande ipocrisia in tutti noi. Nativity era una creatura fragile e sarebbe morta comunque su una strada.</em><br />
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<em>Nativity</em>.<br />
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Del resto, &egrave; pure ipocrita che ad avvelenarsi nel verniciare certi giocattoli dei bambini occidentali siano i loro coetanei asiatici, cos&igrave; com’&egrave; ipocrita nascondersi dietro il rispetto della religione e della tradizione altrui quando, in nome di queste, si compiono ogni sorta di sopraffazioni. Se a un certo modo di applicare le regole di mercato e di intendere il dogma religioso non importa un accidente dell’essere umano, ipocrita &egrave; continuare a non volerlo riconoscere. Quindi, appunto, si aprono nuove frontiere artistiche: un bambino installazione che sballa inalando colla, un’opera interattiva consistente nella lapidazione di una donna. Si potrebbe, in nome dell’arte, anche massacrare un’etnia (poco numerosa), o al limite estinguere i panda. Tanto, prima o poi, sarebbero – tutti – morti comunque.<br />
Idea sdoganata: uccidere per l’arte. La rappresentazione, la testimonianza, l’interpretazione possono non bastare a risvegliare le coscienze. Sono contro la tua morte, perci&ograve; t’ammazzo. Oppure: credo che la tua morte possa avere una valenza istruttiva, estetica, provocatoria, quindi ti lascio morire. Esibisco la tua morte (e, non so quanto secondariamente, ne traggo profitto).<br />
Il momento, osservando certe <a href=”http://it.wikipedia.org/wiki/Imbalsamazione&#8221; target=”_blank”>tassidermie</a> di <a href=”http://it.wikipedia.org/wiki/Maurizio_Cattelan&#8221; target=”_blank”>Cattelan</a> e le ferite autoinferte nei lavori di diversi artisti, una su tutti <a href=”http://www.wikiartpedia.org/index.php?title=Pane_Gina&#8221; target=”_blank”>Gina Pane</a>, io me lo sentivo arrivare. Il confine &egrave; l&igrave;: <a href=”http://mauriziocattelan.altervista.org/bae_cattelan_horse.jpg&#8221; target=”_blank”>oscilla</a> in mezzo, forse poco oltre. Ancora oltre c’&egrave; il provocare la morte, la morte reale, propria o di un altro, ed &egrave; lo stesso confine che separa un film (d’autore?) da uno <a href=”http://it.wikipedia.org/wiki/Snuff&#8221; target=”_blank”><em>snuff movie</em></a>. Una frontiera che vorrei barriera invalicabile, e invece no. Il concetto di sacralit&agrave; della vita (e del corpo) &egrave; stato talmente abusato e distorto che fa ne fa specie il ricorso. Ma: un cadavere, di essere umano o di bestia, va rispettato (non tutti saranno d’accordo: vi sono ancora esseri – come dire – in carenza evolutiva, che godono nel circondarsi di animali impagliati); l’autolesionismo &egrave; un disturbo psichico da curare. Questo &egrave; il mio confine personale. E per&ograve; non paragono Cattelan e Pane a Vargas: mi &egrave; piuttosto chiaro che sono l&igrave;, in bilico tra la raffigurazione e la prefigurazione di qualcosa di inquietante, di terribile. Che fa male, che infastidisce, che fa pensare, e che per&ograve; non nuoce ad altri, se non a loro stessi (…) o a corpi gi&agrave; morti.<br />
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Leggo <a href=”http://elarcadigital.com.ar/240/notas/respeto.asp&#8221; target=”_blank”>qui</a> : <em>Due anni fa, un’esposizione del Museo Reina Sofia di Madrid incluse un video di 53 minuti in cui una vacca veniva uccisa a martellate; e il peggio fu il comunicato a difesa della libert&agrave; creativa da parte del Consiglio critico di arti audiovisive. </em><br />
Insomma: tu passi un toro a fil di spada in nome della tradizione, io uccido una mucca a martellate in nome dell’arte. Liberi tutti. E tutti pi&ugrave; colti, certo. Ancora: <strong><em>Il caso Vargas sfiora una questione essenziale, una delle frontiere della civilt&agrave; del XXI secolo: la comprensione della nostra continuit&agrave; organica con gli altri animali, e la certezza che non saremo capaci di rispettare noi stessi se non rispettiamo gli altri esseri viventi.</em></strong><br />
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<a href=”http://www.petitiononline.com/13031953/petition.html&#8221; target=”_blank”>Qui</a> la petizione contro la partecipazione di Vargas alla Biennale Centroamericana del 2008.<br />
<a href=”http://cotidievivere.blog.tiscali.it//Cucciolo_immolato_in_nome_dell_arte_1813799.shtml&#8221; target=”_blank”>Qui</a> il post accorato di una blogger; ci sono anche delle foto. In una il cane &egrave; ripreso di fronte, col muso rivolto a terra, in una postura come di rassegnazione, sottomissione o semplicemente di sfinimento preagonia; dietro di lui, persone che chiacchierano, in piedi, a piccoli gruppi distanti. <br />
Per una volta, non mettere distanza, non stabilire subito il confine, consente di mettersi nei panni del fotografo, degli spettatori: indignati o indifferenti, impotenti o a caccia di scoop. Significa diventare carnefici per due soldi e un minuto di notoriet&agrave;. Anche, e soprattutto, vuol dire sentirsi uccisi, lentamente, davanti a tutti: malati, scheletrici, senza cibo n&eacute; acqua, senza sguardi n&eacute; carezze; a tratti, ancora capaci di alzare la testa e cercare un contatto, con occhi che chiedono, e si chiedono, il senso.</div>

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24 risposte a

  1. Petarda ha detto:

    appena ho un attimo ci vado. sei un tesoretto 🙂

  2. Petarda ha detto:

    undy, grazie della segnalazione ma non penso di farcela a vedere il link… vado abbastanza spesso a mostre e non m’è mai – per fortuna – successo di incappare in aberrazioni del genere. potevo immaginarmelo, e tu me ne dai conferma… grazie 😦

    cyb, il problema secondo me è che più alzi la posta e più è facile ottenere l’effetto opposto. cioè, se vedo la foto di uno che si è tagliato tutto il corpo con una lametta (visto davvero, ma non ricordo più chi fosse né dove) in me dopo un primissimo momento di disagio e malessere scatta la presa di distanza, non vedo più quell’essere come reale, ma come frutto di una fiction splatter alla tarantino…

    pralinuzza, ma allora hai riaperto il blog? che bello 🙂 sono del tutto d’accordo con te. e grazie per il mitico mr bean.

    birambeau, gli si potrebbe anche affiancare benito che canta quella canzone su fonni, in modo da rendere il tutto una pregiatissima installazione multimediale…

  3. birambai ha detto:

    Ma questo non lo si può acchiappare e mettere lui in mostra? In un recinto, qui vicino, in Barbagia, assieme a quattro o cinque pastori fonnesi (una razza di cani che è meglio non provocare).
    Gli diamo anche da mangiare. poi possono venire anche tutti i cani del circondario a vedere.

  4. Pralina ha detto:

    Che schifo… ho firmato una petizione per fermare questo scempio, ma ci vorrebbe molto di più… una bella azione diretta a suon di sberle e secchi di vernice nera indelebile per fermare questi delinquenti che approfittano del vuoto nell’arte per sfogare il loro istinti sadici.

    Ciao Petarduzza!

  5. cybbolo ha detto:

    sai cosa credo, Pet, nel leggere questo post che mi era inspiegabilmente sfuggito?
    di là della veridicità della notizia, a questo punto trascurabile, credo che il confine tra arte e non-arte (che essa sia provocazione fine a sé stessa, sadismo, turlupinatura o altro di illusionistico) sia molto labile, ché il suscitare emozioni può passare anche attraverso una coltellata nel costato.

  6. undulant ha detto:

    purtroppo nell’arte contemporanea sono infiniti gli esempi di torture agli animali. la cosa, se non vado errato ha avuto una sorta di sdoganamento negli anni sessanta e soprattutto nei settanta.
    Ricordo un video del 1970 di otto muhel (se ci tieni (!) puoi scaricarlo qui: http://ubu.artmob.ca/video/Muhel_O-Sensibility.mov) che nè è un esempio eclatante…

    mah..
    del resto viviamo nell’epoca di Lynndie England…

  7. Petarda ha detto:

    vi ringrazio tutti per i commenti. voglio solo aggiungere che se paolo attivissimo ha creduto necessario aggiungere ieri una nota al suo post in cui dice che “non afferma che la storia è una bufala” una ragione c’è.

  8. anonimo ha detto:

    @nosacher: mi sembra che centri in pieno la questione su come l’arte sia (o dovrebbe essere) sublimazione e non provocazione. L’estetica come etica quindi, o forse anche come ricerca di senso.
    Fare “cose strane” per far parlare di sè mi sembra più simile a quelle/i che la/o danno via (più o meno metaforicamente) per apparire in televisione, per diventare famosi in qualche modo: un’operazione commerciale, altro che sublimazione.

  9. RobySan ha detto:

    In un mio brutto incubo di tanti anni fa costruivo un’opera d’arte installazione buttando un gatto in un contenitore di vetro pieno di resina epossidica trasparente. Dopo il gatto buttavo l’indurente. Il risultato finale era il gatto morto soffocato dalla resina e pietrificato lì. Visibile attraverso la trasparenza della resina e del vetro. Mi sono fatto schifo per tre settimane in modo intenso e – in modo meno intenso – non ho ancora smesso.

  10. nosacher ha detto:

    sto un pò incazzato. quando leggo queste cose sto un pò incazzato. gente come vargas magari espone in posti importanti. io , non solo io. ho visto artisti con idee meravigliose qui in italia andarsene che ne so.. a berlino perchè qui non se li caca nessuno. e vargas a mio parere non è una bufala ma uno stronzo.
    l’arte, in quanto tale credo debba sublimare, non denutrire a sfinimento e morte.
    anche la famosa “merda d’artista” chiusa in una scatoletta era una provocazione. ma provocazione/sublimazione . e quindi arte. diventava “opera”.

    pet perdonami queste parole un pò saccenti ma a me questi fanno girare i coglioni.

  11. ABS ha detto:

    Ho scritto robe lunghissime su ‘sta cosa… In sintesi: se è vero, il tizio e i suoi sodali sono “nutella”. Se è falsa, è un “clown”.

    Non mi meraviglia affatto che nell’era della comunicazione globale non si possa sapere con certezza ecc.: la maggior parte dei crimini commessi in Italia restano impuniti… figuriamoci se si può sapere che fine ha fatto un cane in Nicaragua… se, per esempio, una volta giunto l’orario di chiusura, l’ha lasciato libero o lì a morire chi potrà mai dirtelo?

    Lui, il direttore, ecc. visto il casino che si è alzato ora hanno solo interesse a negare. Il punto comunque non è tanto che il cane sia vivo o morto, che la storia sia vera o no, ma il fatto che potrebbe tranquillamente esserlo… non ho voglia di cercare il link dello spettacolo teatrale (italiano) basato su un astice che veniva torturato (questo è accertato), o di linkare video e foto di gente che si bulla a torturare animali, penso che con un po’ di intelligenza e spirito di osservazione si arrivi a capire che il rispetto degli animali non è esattamente una priorità della nostra società. L’arte contemporanea mi piace molto, ma sull’etica dell’arte avrei qualche dubbietto… c’è per esempio Gunther von Hagens che espone cadaveri “plastificati”, che riesce a ottenere grazie a traffici con le prigioni cinesi (condannati a morte, spesso “freschi”). Magari legale, ma moralmente qualche dubbietto ce l’avrei…

    C’è Milo Sacchi che prende i cadaveri dei gatti seviziati li scuoia, li trafigge e li espone.

    Al primo gatto, anche se con notevole disgusto, posso anche crederci che lo faccia per sensibilzzare la gente sul problema, ma poi quando le opere diventano numerose e sempre con lo stesso soggetto credo a tutt’altro, cioè come essere notato alla faccia dei gatti morti e seviziati o peggio che l’artista abbia preso gusto al sadismo.

    Affascinante poi che persone come Attivissimo si arroghino di generalizzare in questo modo giudicando gli altri senza conoscerli.

  12. anonimo ha detto:

    Posso solo dire, citando una celebre creazione della pop-art, che questa è la vera “merda d’artista”.

    simona

  13. anonimo ha detto:

    Noto una cosa: è strano che nell’era della comunicazione globale non si riesca a capire in modo definitivo se questa è una bufala o no. O forse non è strano affatto. Poi: rispetto per la vita non c’è mai stato in tutti, sempre solo in qualcuno. Non so se gli spettacoli del circo romano antico, dove il popolo si divertiva a vedere due schiavi scannarsi, siano paragonabili all’arte moderna. Forse no. Ma forse sì? Il fatto è che dovremmo avere fatto dei passi in avanti sulla strada della civiltà, da allora. Ma a volte non sembra. O comunque ce n’è ancora tanta di strada da fare. Poi il sadismo è eterno. Una pulsione da controllare, che qualcuno non controlla affatto.

  14. Petarda ha detto:

    che poi avendo l’ostinazione di un ciuco ti va solo di culo che io sia animalista

  15. Petarda ha detto:

    pbeneforti, parli di un’evidenza che non ti degni di argomentare, prima mi dai della cecata e poi della fanatica animalista. sei già un bel soggetto.

  16. pbeneforti ha detto:

    ah, la frase in neretto mi pare tipica dei fanatici animalisti.

  17. pbeneforti ha detto:

    avevo già letto tutto il post giorni fa. è evidente che è una bufala, a meno di non avere i paraocchi del fanatismo.

  18. Petarda ha detto:

    paolo, ti riporto le conclusioni di attivissimo (la nota è stata aggiunta oggi).

    NOTA: Quest’indagine non afferma che la storia è una bufala. Leggete l’articolo fino in fondo prima di giudicare. Grazie.
    […]
    # abbiamo un blogger anonimo che ha dato la stura alla vicenda scrivendo che a lui/lei risulta che il cane sia morto. Che fine abbia fatto la bestiola, però non si sa: su questo non c’è nessuna testimonianza diretta, di prima mano.
    # abbiamo il direttore della galleria d’arte che dice che il cane è stato nutrito, ma non durante le tre ore giornaliere della mostra, e che poi è scappato, e su queste dichiarazioni pone la propria firma;
    # abbiamo l’artista in questione che non conferma e non smentisce la morte del cane; dice che non era sua intenzione causargli sofferenza.
    # abbiamo una vicenda che fa leva su tutti i sentimenti giusti per ottenere la vastissima eco mediatica alla quale aspirano tanti “artisti”.

    hai letto anche i commenti prima del tuo? ammenoché dicendo che è una bufala non ti riferissi alla mucca del reina sofia.

    cinas, è vero. avevo voglia anche di dire altro, era un po’ che mi girava dentro. il cuore del post è quella frase in neretto, e non è mia.

  19. cinas ha detto:

    mah. se non è una bufala, è una grossa cretinata.
    l’omissione – non nutrire un cane di strada – è nel caso differente dall’aziono (legare un cane e farlo morire di fame).

  20. pbeneforti ha detto:

    è evidente che è una bufala; basta non essere cecati.

  21. Petarda ha detto:

    riporto (praticamente in tempo reale) l’ultimo commento di attivissimo al post che mi ha linkato matteo:

    Io sinceramente sono davvero dispiaciuto che la gente salti alle conclusioni senza neppure leggere bene l’articolo che mi è costato non poca fatica.

    Non ho detto che la notizia è una bufala. Non c’è scritto da nessuna parte.

    Va be’, visto che non è abbastanza chiaro, adesso aggiungo anche la precisazione a chiare lettere nelle prime righe. Spero sia sufficientemente chiaro. Vedo che certo animalismo porta davvero alla fettasalamite acuta. La cosa che mi scoccia è che in questo modo si finisce per dimostrare che l’artista aveva ragione.
    # Scritto da Paolo Attivissimo : 11/11/07 18:23

  22. Petarda ha detto:

    grazie matt. 🙂 un accenno a quello che mi hai linkato c’è anche nel primo link del mio post (quello ad adnkronos). però non ci sono prove né in un senso né nell’altro, se non la testimonianza del padrone della galleria, che però si trovava pure lui nella condizione di dover evitare un linciaggio; e il vargas s’è pubblicamente scusato per aver lasciato morire il cane. ora i casi sono due: o l’ha fatto davvero, oppure non l’ha fatto ma si scusa per evitare un processo mediatico che però ormai appare inarrestabile.
    quel poco che c’è in rete sulla biografia del tipo non depone a suo favore; la versione più credibile m’è quindi sembrata quella più incredibile – cioè quella del cane lasciato morire – anche se non avrei proprio voluto.
    poi il sito che mi citi scrive anche delle emerite vaccate tipo:
    In sintesi, la storia funziona perché gioca sui nostri luoghi comuni: gli artisti moderni sono indecifrabili e farebbero qualsiasi cosa in nome della cosiddetta “arte”; i visitatori di queste mostre sono snob insensibili; i paesi latinoamericani sono rozzi e primitivi; la gente è crudele con gli animali e nessuno fa nulla per fermarli.
    e
    Ma paradossalmente funziona anche su un altro livello: ha dimostrato pienamente la tesi di Vargas, ossia che la gente è ipocrita. Con pochissime, nobili eccezioni, s’indigna e si mobilita per un animale messo in mostra a morire (apparentemente) di stenti, mentre fa finta di nulla quando incrocia la stessa creatura per strada.
    ecco. invece, di questo passo qualsiasi luogo comune potrà essere etichettato come arte.

  23. VotoVacuo ha detto:

    per dovere di cronaca (‘sta roba è una mezza bufala) (poi a me disgusta l’arte per cui non ne so molto): vedi un po’

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